
Continua a essere tormentata la prima stagione da professionista di Zion Williamson, profondamente diversa da come l’aveva immaginata per anni. La scelta n°1 al Draft 2019 ha prima dovuto rimandare l’esordio NBA di tre mesi a causa di un’operazione al ginocchio e poi, dopo 19 partite in cui ha sorpreso molti sin dall’esordio, si è dovuto nuovamente fermare come tutta la lega, a seguito della diffusione della pandemia da Covid-19. C’è anche un’altra battaglia però che Williamson sta combattendo lontano dal parquet, nelle aule di tribunale del North Carolina a cui lo scorso giugno si sono appellati la Prime Sports e in particolare Gina Ford. L’agente accusa Williamson di non aver rispettato gli accordi previsti da un contratto sottoscritto in data 20 aprile 2019 – cinque giorni dopo essersi dichiarato eleggibile per il Draft. Secondo quanto riportato anche da ESPN, Zion ha firmato un accordo commerciale con la Prime Sports – rappresentata proprio da Gina Ford – che tra le clausole presentava anche quella che vincolava Zion almeno per cinque anni, mentre la famiglia Williamson nel giro di poche settimane – il 31 maggio, per la precisione – ha comunicato alla società che non aveva più intenzione di proseguire la collaborazione. Un defezione che ha portato la Prime Sports a chiedere un risarcimento danni da oltre 100 milioni di dollari – la stima delle potenziali perdite dalle percentuali dei possibili contratti di sponsorizzazione che Zion firmerà nel prossimo lustro. Williamson nel frattempo ha trovato un accordo con la Creative Artists Agency (CAA) – Sports, che da tempo rappresenta gli interessi di diversi campioni NBA tra cui Chris Paul, Joel Embiid e Karl-Anthony Towns, provando a lasciarsi alle spalle un contratto firmato troppo in fretta e con le persone sbagliate.
La clausola mancante e il tribunale dà ragione a Zion
Il caso però non si è chiuso lì e ha portato entrambe le parti – Williamson e Ford – a farsi causa vicendevolmente. Il giocatore dei Pelicans l’ha accusata tra le altre cose di aver tenuto un atteggiamento predatorio nei suoi confronti, portando ad esempio il fatto che Ford abbia più volte gonfiato e inventato rapporti di lavoro passati con atleti famosi per convincere Williamson. Ford ha detto di essere stata l’agente di Usain Bolt, quando in realtà aveva fatto soltanto parte per un breve lasso di tempo di un team che si era occupato dei suoi affari. Un processo che ha dato ragione a Zion anche per motivi puramente tecnici e procedurali che invalidavano l’accordo sottoscritto nell’aprile 2019: dalla causa risulta che il contratto non può considerarsi valido perché, stando a quanto previsto dalla legge del North Carolina che regola i rapporti tra giocatore e agente, è obbligatorio che in accordi con atleti in uscita dal college sia scritto in maniera chiaramente leggibile – si specifica anche di “aggiungere in grassetto” – che la sottoscrizione di un contratto di quel tipo compromette l’opportunità di svolgere il ruolo di studente/atleta. Una contestazione respinta al mittente dall’agenzia che sottolinea come il contratto sia stato firmato dopo che lo stesso Williamson si era dichiarato eleggibile per il Draft. Era chiaro che non volesse più fare lo studente, non c’era bisogno di specificarlo. Una posizione difensiva che non ha permesso alla Prime Sports di vincere la causa, costretti a rinunciare anche al potenziale risalcimento milionario. A quel punto però il discorso e la causa sembrava chiusa, almeno fino a quando non è venuto fuori nelle ultime ore un nuovo documento che potrebbe riaprire la contesa.
Fonte: Sky Sport