
È entrato in campo correndo, superando con slancio i 14 scalini che dividono lo spogliatoio del Chase Center dal parquet. Tutto il pubblico lo aspettava, sugli spalti e davanti la TV, ma il più impaziente era proprio Steph Curry. Il n°30 degli Warriors non vedeva l’ora di tornare a fare ciò che più gli piace – assente per oltre quattro mesi dopo la rottura dell’osso della mano sinistra, la doppia operazione e la lunga riabilitazione. Un’emozione che non gli ha impedito sin da subito di incidere, nonostante l’imprecisione mostrata in avvio, la ruggine quando si è trattato di tentare le conclusioni nei primi passaggi della gara. Poi invece tutto è andato per il verso giusto, a partire dalla sua condizione fisica: “È uscito dal campo che stava bene, questa è la cosa più importante: dalla prossima gara possiamo iniziare ad aumentare il suo minutaggio”, sottolinea Steve Kerr, che ha utilizzato il numero 30 per 27 minuti contro i Raptors. Mentre a chi gli chiede conto dei tanti passaggi fatti con la mano sinistra, del fatto se fosse un tentativo di testare la condizione dell’osso lo stesso Curry risponde: “Mi hai mai visto giocare negli ultimi 10 anni? È stato tutto naturale, per fortuna non ho avuto problemi”. Uno sforzo che è servito a Golden State per restare a lungo a contatto con i campioni in carica, ma non è bastato per evitare la sconfitta.
Fonte: Sky Sport